SOS Villaggi dei bambini e l'operato a Damasco. Le case dei bambini salvati dalla guerra, dove c'è il rispetto di tutti i diritti, capricci compresi.
DAMASCO – Le esplosioni sorde e potenti come colpi di grancassa, non si sentono da Saboura e Qodsaya, i quartieri dei “bambini salvati” alla periferia di Damasco. Siamo a circa 15 chilometri a ovest e nord ovest della capitale, dove l’Ong internazionale SOS Village Children’s accudisce e fa crescere, in un clima di quotidiana normalità familiare una parte di quelli che probabilmente fra 15-20 anni prenderanno in mano le sorti della Siria. Qui c'è spazio per tutti i diritti di cui ogni bambina e ogni bambino ha bisogno, compreso quello sacrosanto del capriccio. Sono in tutto circa 200, una piccola porzione della generazione scampata alla devastazione di una guerra di cui ancora non si vede la fine. Per arrivare fin qui, abbiamo percorso velocemente in macchina circa 90 chilometri, dall’aeroporto di Beirut fino alla frontiera libanese di Masnaa. Un tragitto interrotto da numerosi posti di blocco, prima e dopo la frontiera, che dista dal centro "SOS" di Saboura un’altra trentina di chilometri.
I quattro punti cardine. Gli “SOS Village Children’s” applicano da quasi 70 anni uno stesso semplice schema, ormai in 134 paesi, basato su quattro elementi. E si richiamano alla prima fondamentale esperienza di Herman Gmeiner, che nel 1949 a Imst (Austria) cominciò ad aiutare i bambini bisognosi che dopo la seconda guerra mondiale non avevano più né famiglia né casa. Quella prima esperienza poggiava, appunto, su quattro principi:
1) - La madre. Che costruisce un rapporto stretto con il figlio che le viene assegnato, da sicurezza, amore, stabilità e rispetta il suo passato, le sue radici, la sua religione.
2) - Fratelli e sorelle naturali. I legami familiari che devono accompagnare la crescita.
3) – La casa. E’ il luogo della grande famiglia, composta da una mamma e da 7-8 "figli". Luogo di dinamiche quotidiani, sensazioni uniche, dove si imparano le regole della convivenza, si condividono le gioie, le responsabilità, i dolori.
4) – Il villaggio. Tutte le famiglia “SOS” vivono assieme formando una comunità. Condividono esperienze e si aiutano a vicenda. E’ così che ogni bambino impara a partecipare alla società.
Gli spazi a misura di bambino a Tartous. I programmi di risposta alle emergenze di “SOS” ad Aleppo e Damasco, si completano con il centro di Tartous, città sulla costa mediterranea, a 260 chilometri a nord della capitale. Anche qui, come altrove, il lavoro della Ong in Siria ha risposto all’emergenza durante gran parte della guerra civile con spazi a misura di bambino, assistenza temporanea, assistenza medica, percorsi scolastici, supporto umanitario in genere. Un lavoro realizzato assieme a partner locali, per accogliere e far crescere bambini senza più genitori o che sono stati traumaticamente separati dalle loro famiglie.
Il progetto back-to-school. Insomma, oltre 540 bambini a Damasco beneficiano ora di un programma gestito da “SOS Villaggi dei Bambini”, che aiuta piccoli dai 3 ai 16 anni che hanno dovuto abbandonare i diversi livelli di scuola, fornendo un sostegno finanziario alle loro famiglie. Finora, oltre 180 famiglie, alcune assai numerose, hanno ricevuto indennità per cibo, riscaldamento e affitto. Attraverso il progetto back-to-school, i bambini hanno anche ricevuto materiale scolastico, divisa e scarpe. Inoltre, nell’aprile dell’anno scorso è cominciato un programma di rafforzamento per la riunificazione delle famiglie, che prima vengono identificate, per poi verificare se siano o no in grado di prendersi cura finanziariamente dei ragazzini.
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